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  • Premio MIGLIORE POESIA, Giacomo Bianchi e Sofia Toffalori, classe 4B, Liceo Fracastoro

    Ero un uomo nato per la libertà

    e da sempre lottavo contro la segregazione razziale, un terribile mostro chiamato apartheid.

    A ventitre anni per la prima volta mi toglievano la libertà, poi hanno continuato.

    All'inizio mi hanno arrestato: mi ritenevano un traditore.

    Poi mi hanno chiamato “sabotatore” e “cospiratore”:

    mi condannavano all'ergastolo e mi richiudevano in prigione. Le grate bloccano il corpo ma non lo spirito,

    sentivo gridare il mio nome a gran voce

    e sapevo che qualcuno stava ancora lottando.

    Dopo ventidue anni trascorsi al buio

    mi offrivano di vedere la luce, se avessi smesso di combattere. 

    “Essere liberi non significa solo sbarazzarsi delle proprie catene, 

    ma vivere in un mondo che rispetta e valorizza la libertà degli altri”. 

    Non ho accettato. 

    Ventisette anni in quel posto e la giustizia cominciava a trionfare. Sono uscito, ho perdonato i miei oppressori e ho vinto.

    Ho lottato e ho vinto. 

    Perché “un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso”. 

    Io non l'ho fatto.

    Mi chiamo Nelson Mandela.

       

    Giacomo Bianchi e Sofia Toffalori, 4B Liceo G. Fracastoro

  • Premio MIGLIORE LETTERA, di Matilda Fini, classe 3C, IC8 Paolo Caliari

    "Il sogno di Mandela a cento anni dalla nascita"

    Caro Madiba,

    sei stato un grande uomo, un uomo che ha lottato per la libertà del suo popolo, un uomo che è riuscito a perdonare. Ci vuole una forza quasi innaturale per rifuggire alla tentazione di vendetta, per scegliere la via del compromesso e per tutelare la minoranza che ti aveva oppresso. Tu ci sei riuscito, cosa non da tutti. Ciò che infatti mi ha più colpita del tuo percorso è stata la tua mancanza di amarezza, la tua capacità di perdono. Nonostante la dura oppressione verso di te e verso il tuo popolo e la lunga detenzione, hai rinunciato alla vendetta a favore di un processo di riconciliazione e pacificazione. Mi chiedo come tu sia riuscito a fare ciò, a perdonare. Hai istituito la Commissione per la Verità e la Riconciliazione, un tribunale il cui scopo era quello di raccogliere le testimonianze delle vittime e degli oppressori durante il regime di Apartheid, richiedere e concedere (quando possibile) il perdono per le azioni svolte, per riconciliare vittime e carnefici. Vittime che, nonostante i massacri subiti, le torture, la perdita di persone care, hanno scelto la via del perdono. Perdonare non significa però dimenticare, ma dare una seconda possibilità, perché affermi:" Nessuno nasce odiando un’altra persona per il colore della sua pelle, per la sua storia o per la sua religione. Le persone devono imparare ad odiare e, se possono imparare ad odiare, gli può essere insegnato l’amore, anche perché l’amore arriva più facilmente al cuore umano che il suo contrario". Il tempo che passasti in prigione ti cambiò profondamente. Entrasti in carcere che eri un giovane uomo arrabbiato ed esasperato dalle ingiustizie sociali di cui eri testimone. La sofferenza e la solitudine ti resero aperto verso il prossimo, ti donarono empatia verso i tuoi nemici e ti resero quel grande uomo ricco di una straordinaria bontà d’animo. In prigione leggesti molto, anche poesie. In particolar modo ti colpì una bellissima poesia di

    W. E. Henley:" Invictus", che termina con queste parole:" Io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima". E’ un inno alla libertà e alla capacità dell’uomo di resistere  di fronte  alle difficoltà e ai momenti più bui della vita, che mi suscita forti emozioni. Sei stato un maestro di cambiamento, hai insegnato a tutti i popoli che una svolta è possibile, grazie alle azioni e alla perseveranza e alla capacità di comunicare al mondo i propri valori. Un’altra cosa che mi ha colpita è stata la tua idea di libertà, secondo la quale essa è una sola: le limitazioni verso il tuo popolo erano anche le tue. Durante i lunghi anni passati in carcere, in solitudine, la tua sete di libertà per te e per la tua gente è diventata sete di libertà per tutto il popolo, che sia bianco o nero. Capisti che l’oppressore era schiavo quanto l’oppresso in quanto quest’ultimo è schiavo dell’odio, prigioniero dietro le sbarre del pregiudizio e della ristrettezza mentale. Per questo motivo, appena uscito dal carcere, hai deciso di riappacificare oppressi e oppressori. Ci insegni infatti che una nazione non va fondata sull’odio, ma sul perdono. Ciò lo trasmetti con le parole:" Se vuoi fare pace con il tuo nemico, devi lavorare con lui. Solo così diventerà il tuo partner." Questo è ciò che mi ha fatto riflettere. Come quando la mia nonna mi raccontò del suo viaggio durante il regime  di Apartheid, il suo orrore per quel terribile periodo durante il quale al popolo nero furono sottratti i diritti e la libertà. Mi hai davvero ispirata e, dopo aver conosciuto la tua storia, mi sento più forte. Mai avrei pensato che un uomo sarebbe riuscito a fare tutto quello che tu hai fatto. Grazie.

    Cordiali saluti, Matilda

     

    Matilda Fini, classe 3C Scuola Paolo Caliari – IC8VR

  • Premio MIGLIORE LETTERA, di Stefano Benciolini, classe 2B, IC8 Paolo Caliari

    Verona, 18 marzo 2018

    Egregio signor Nelson Mandela,

    sono molto contento di avere l’opportunità di scrivere a una persona importante come lei che ha cambiato il mondo e il modo di pensare! Per me lei non è stato solo un grande Presidente, ma anche un grandissimo uomo, che ha combattuto principalmente per gli altri. Come ha fatto a continuare a pensare agli altri anche durante e dopo i lunghissimi ventisette anni di prigionia?

    Ogni mattina mi vorrei svegliare con la sua forza, il suo coraggio e la sua voglia di lottare per il bene del prossimo. Leggendo i suoi scritti ho imparato che “il coraggio non è la mancanza di paura, ma la vittoria sulla paura. L’uomo coraggioso non è colui che non prova paura, ma colui che riesce a controllarla”. 

    Ogni mattina mi vorrei svegliare con la sua capacità di accettare e di accogliere persino le persone che ti hanno giudicato male e rovinato la vita. Insomma, con la capacità di perdonare. 

    Ogni mattina mi vorrei svegliare con la sua forza di non fermarsi e di continuare a sperare, a combattere nonostante le mille difficoltà.

    Ogni mattina mi vorrei svegliare con la sua voglia di pensare, perché pensare “è una delle armi più efficaci quando si affrontano i problemi”. 

    Ogni mattina mi vorrei svegliare con il suo desiderio di leggere, di imparare e di studiare per poter fare della “cultura la principale e più potente arma di battaglia!” Mi piacerebbe chiederle tante cose. Per esempio, ha mai provato rabbia per le persone che le hanno tolto la possibilità di stare nella quotidianità con la sua famiglia e con i suoi amici? 

    Mi chiedo, se lei fosse ancora vivo, cosa penserebbe di questo nostro mondo sempre in guerra. In questo momento della storia servirebbero uomini come lei: uomini capaci di essere il simbolo dell’uguaglianza, della pace, della fraternità e della libertà di pensiero. 

    Ogni sera mi vorrei addormentare, egregio signor Mandela, sempre “con una buona testa e un buon cuore” proprio come lei! 

    Ogni sera  mi vorrei addormentare sapendo che,  come  lei, ho contribuito almeno un pochino a costruire un mondo più giusto.

    Ogni sera mi vorrei addormentare senza pregiudizi rispetto alle persone diverse da me, perché al di là delle differenze siamo tutti uguali. 

    Lei per me è un grande esempio di vita intelligente, propositiva e altruista che è riuscito persino a mobilitare il mondo della musica!

    Cordiali saluti Stefano Benciolini