Premio MIGLIORE LETTERA, di Matilda Fini, classe 3C, IC8 Paolo Caliari
"Il sogno di Mandela a cento anni dalla nascita"
Caro Madiba,
sei stato un grande uomo, un uomo che ha lottato per la libertà del suo popolo, un uomo che è riuscito a perdonare. Ci vuole una forza quasi innaturale per rifuggire alla tentazione di vendetta, per scegliere la via del compromesso e per tutelare la minoranza che ti aveva oppresso. Tu ci sei riuscito, cosa non da tutti. Ciò che infatti mi ha più colpita del tuo percorso è stata la tua mancanza di amarezza, la tua capacità di perdono. Nonostante la dura oppressione verso di te e verso il tuo popolo e la lunga detenzione, hai rinunciato alla vendetta a favore di un processo di riconciliazione e pacificazione. Mi chiedo come tu sia riuscito a fare ciò, a perdonare. Hai istituito la Commissione per la Verità e la Riconciliazione, un tribunale il cui scopo era quello di raccogliere le testimonianze delle vittime e degli oppressori durante il regime di Apartheid, richiedere e concedere (quando possibile) il perdono per le azioni svolte, per riconciliare vittime e carnefici. Vittime che, nonostante i massacri subiti, le torture, la perdita di persone care, hanno scelto la via del perdono. Perdonare non significa però dimenticare, ma dare una seconda possibilità, perché affermi:" Nessuno nasce odiando un’altra persona per il colore della sua pelle, per la sua storia o per la sua religione. Le persone devono imparare ad odiare e, se possono imparare ad odiare, gli può essere insegnato l’amore, anche perché l’amore arriva più facilmente al cuore umano che il suo contrario". Il tempo che passasti in prigione ti cambiò profondamente. Entrasti in carcere che eri un giovane uomo arrabbiato ed esasperato dalle ingiustizie sociali di cui eri testimone. La sofferenza e la solitudine ti resero aperto verso il prossimo, ti donarono empatia verso i tuoi nemici e ti resero quel grande uomo ricco di una straordinaria bontà d’animo. In prigione leggesti molto, anche poesie. In particolar modo ti colpì una bellissima poesia di
W. E. Henley:" Invictus", che termina con queste parole:" Io sono il padrone del mio destino, io sono il capitano della mia anima". E’ un inno alla libertà e alla capacità dell’uomo di resistere di fronte alle difficoltà e ai momenti più bui della vita, che mi suscita forti emozioni. Sei stato un maestro di cambiamento, hai insegnato a tutti i popoli che una svolta è possibile, grazie alle azioni e alla perseveranza e alla capacità di comunicare al mondo i propri valori. Un’altra cosa che mi ha colpita è stata la tua idea di libertà, secondo la quale essa è una sola: le limitazioni verso il tuo popolo erano anche le tue. Durante i lunghi anni passati in carcere, in solitudine, la tua sete di libertà per te e per la tua gente è diventata sete di libertà per tutto il popolo, che sia bianco o nero. Capisti che l’oppressore era schiavo quanto l’oppresso in quanto quest’ultimo è schiavo dell’odio, prigioniero dietro le sbarre del pregiudizio e della ristrettezza mentale. Per questo motivo, appena uscito dal carcere, hai deciso di riappacificare oppressi e oppressori. Ci insegni infatti che una nazione non va fondata sull’odio, ma sul perdono. Ciò lo trasmetti con le parole:" Se vuoi fare pace con il tuo nemico, devi lavorare con lui. Solo così diventerà il tuo partner." Questo è ciò che mi ha fatto riflettere. Come quando la mia nonna mi raccontò del suo viaggio durante il regime di Apartheid, il suo orrore per quel terribile periodo durante il quale al popolo nero furono sottratti i diritti e la libertà. Mi hai davvero ispirata e, dopo aver conosciuto la tua storia, mi sento più forte. Mai avrei pensato che un uomo sarebbe riuscito a fare tutto quello che tu hai fatto. Grazie.
Cordiali saluti, Matilda
Matilda Fini, classe 3C Scuola Paolo Caliari – IC8VR