“L’Italia che fa acqua” è un libro di militanza, un lavoro di documentazione e testimonianza.
Quello dell’acqua sappiamo tutti essere un problema critico in tutto il mondo ed oggi anche in Italia, dove noi italiani, trovandoci in uno stato di spoliazione, come dice il professor Petrella, dei nostri diritti e del nostro “potere” sui beni comuni essenziali per la nostra vita, abbiamo capito che l’acqua è un bene emblematico, a causa del quale si sono venute a creare numerose lotte. È come se stessimo gareggiando per ottenere un diritto alla vita. Non è una questione di competitività, di rivalità tra persone, come potrebbe sembrare, si tratta invece di bisogni individuali, di dinamiche di mercato; siamo quindi diventati una società violenta sotto questo punto di vista. Dobbiamo combatterci con una società del vivere insieme nell’umanità, con una società fondata sul governo dei beni comuni che miri a garantire uguali diritti.
Vi sono state numerose lotte per l’acqua in Italia causate dalla cementificazione delle falde, dalla privazione stessa di questa materia, dalla sua mercificazione e coca-colizzazione e molte regioni tra cui l’Abruzzo, la Campania, le Marche, la Toscana, il Lazio, il Veneto, la Lombardia, la Puglia, il Piemonte, la Sicilia, la Sardegna e il Friuli Venezia Giulia, ne sono state colpite. Ci sono diverse ragioni che spingono le persone ad impegnarsi per garantire questo diritto: i preti per esempio vedono l’acqua come un problema etico domandandosi “L’acqua è un bene naturale o economico? È una risorsa idrica o una merce?”. I missionari la ritengono il fattore che determina la morte delle persone mentre dai cittadini è vista come elemento fondamentale per la convivenza umana. Il 27 Gennaio 2006 a Bari è stata costituita l’ “Acqua pubblica”, un’associazione di soggetti pubblici (aziende ed enti attivi nel settore dell’acqua detto Sii, servizio idrico integrato) con l’obiettivo di creare una rete di cooperazione tra i soggetti pubblici dell’acqua per difendere e promuovere il carattere pubblico della proprietà delle reti e della gestione dei servizi idrici per stimolare un dibattito politico/culturale aperto ai cittadini a livello sia regionale che nazionale.
Il politico Emilio Molinari dice: “Questo è solo l’inizio, la lotta continua”. Con questa affermazione intende sottolineare il periodo di crisi della democrazia, periodo in cui le risorse fondamentali si stanno esaurendo.
La mancanza di acqua è causata principalmente da tre fattori: la rarefazione, la petrolizzazione e la cocacolizzazione.
Il primo causa una diminuzione dell’acqua dolce per usi umani; questa dipende da noi, da come la governiamo e utilizziamo. È un ciclo, si abbassa il livello delle falde, tra l’altro inquinate, e ne abbiamo testimonianza negli Stati Uniti, in Cina ed in India, il flusso dei fiumi è ridotto come avviene in Colorado, la devastazione di laghi come il Trasimeno ed infine lo scioglimento dei ghiacciai a causa del riscaldamento dell’atmosfera. Proprio per questo motivo si pesa che nel 2080 il Polo Nord cesserà di essere tale. Il secondo, la petrolizzazione, fa si che l’acqua sia vista come una merce, un bene economico prezioso, una risorsa strategicamente importante per la sicurezza nazionale, intesa come idrica, agricola, industriale, energetica…, come il petrolio. L’acqua, nonostante grazie la suo ciclo si possa rinnovare, è stata resa come una risorsa esauribile. In questo modo la stessa petrolizzazione dell’acqua è alla base del concetto di privatizzazione di questo bene, ciò significa che il suo controllo che prima era a livello pubblico, ora si è trasferito principalmente nelle mani di soggetti privati. L’ultimo, la cocacolizzazione, è un fenomeno che si è diffuso a causa di una politica di marketing e di consumismo. Si pensa che le prossime generazioni non utilizzeranno più l’acqua del rubinetto per scopi nobili (bere ed igiene) ma per usi non nobili (la lavapiatti, la lavatrice, il bagno, le pulizie di casa…). L’acqua del rubinetto sarà quindi sostituita da quella in bottiglia e questo la renderà simile alla Coca Cola, cioè un prodotto reperibile nei distributori automatici di tutto il mondo. Questo fattore è una sfida che non va trascurata, perché porta ad una artificializzare del rapporto uomo-natura che è un rapporto sacro.